
A cura di Francesca Mancini
QUOTE DI MAMMARÒSSA: IL CAMMINO LENTO E RIFLESSIVO DI UN PROGETTO CHE AMPLIFICA IL SUO RESPIRO.
Il tributo di Franciosi e D’Alessandro al loro Abruzzo, alle loro montagne, una prima tappa alla scoperta del senso della vita
Introduzione a Quote
E mentre Franco e Daniela Franciosi, con Francesco D’Alessandro festeggiano i primi 10 anni di Mammaròssa, io voglio qui raccontare di come Quote, il loro progetto a tappe, ha preso davvero il cammino, salendo sui monti dell’Abruzzo per percepire con maggior chiarezza il senso della vita.
Ho sempre pensato e più volte ribadito che Franco non è nato per fare solo il cuoco, per il fatto che la stanzialità non gli appartiene affatto, soprattutto quella mentale.
È così, Franco e Francesco vivono la loro attività in maniera totalizzante e piena, quasi da non rendersi conto della rivoluzione che hanno messo in atto, una forza centripeda che attrae verso un centro cosmogonico, quel punto ben definito nello spazio che oggi è Mammaròssa. Insieme camminano il mondo in maniera esplorativa, come archeologi del tempo che investigano e indagano la terra per capire come siamo arrivati fin qui, come la materia arcaica sia diventata poi cucina, vita. Se pensiamo al mangiare come atto sociale, come primo stimolo di aggregazione umana che porta allo stabilire delle regole comportamentali, e come atto politico, perché noi siamo quello che mangiamo e quindi produzione e consumo sono strettamente connessi tra loro per curare la terra e noi stessi, per restare umani, è subito evidente del perché i due non si limitino solo a fare della buona cucina, ma scandaglino il concetto stesso in tutte le sue realtà.


Sante Marie, Corradino e i Briganti
In difesa del cibo e della cucina c’è bisogno di conoscenza, di evidenze che possono essere scoperte solo attraverso il dialogo e il silenzio, il cammino, il cercare le radici per provare ad inventare. Così, raggiunto il ristorante in un tardo pomeriggio di luglio, Franco Franciosi ci spiega il motivo della gentile convocazione, la nuova vita del Progetto Quote, che stavolta porta a camminare in senso fisico e reale lungo quel sentiero percorso dal giovane principe svevo della casata degli Hohenstaufen, Corradino, per raggiungere i Piani Palentini, dove ebbe luogo lo scontro ancora oggi conosciuto col nome di “Battaglia di Tagliacozzo”. Il punto di partenza e di ritorno è il comune di Sante Marie, in Abruzzo, nella parte occidentale della Marsica, a pochi chilometri dal Lazio, in un’area di grande valore ambientale, naturalistico e antropologico. Due giorni per carpire l’essenza di quei borghi quasi disabitati che lottano contro la damnatio memorie dello spopolamento, per conoscere nuova umanità e ascoltarne i racconti, osservarne i gesti.



Il nostro piccolo gruppo di fortunati camminatori parte da Sante Marie, dopo il saluto del sindaco Berardinetti, un primo cittadino illuminato, alla guida di un cantore poeta dei suoi monti, Ercole Wild, si avvia verso la prima frazione di Sante Marie collocata lungo il percorso, Castelvecchio e poi Santo Stefano di Sante Marie, ai piedi del Monte Faito. Lungo il cammino querce, faggi e castagni secolari si ergono al cielo come grandi candelabri in connessione tra il terreno e il divino, in connessione tra noi camminatori che attoniti ascoltiamo il sussurro della terra e dei suoi apparentemente immobili abitanti, alcuni giovani e nerboruti, altri morti eppure ancora utili alla vita. L’odore della terra in ombra si alterna a quello delle aromatiche spontanee, l’elicriso, la santoreggia, la mentuccia, dell’asfalto caldo, del lupo che ci precede lesto, del cinghiale, delle more, dei fichi. A passo lento e cadenzato, ritmato dal battito cardiaco, tra risa dei partecipanti e letture di poesie, arriviamo alla meta di giornata, accolti dall’odore di un forno a legna acceso, di una carne messa a marinare, dalla gentilezza di quel piccolo gruppo di anziani signori che ogni pomeriggio si ritrova al bar per giocare a carte.



La prima cena di Quote
In serbo per noi un regalo assai gradito, l’apertura del Palazzo Zangrilli, oggi di proprietà di Vincenzo Zangrilli, vicesindaco di Sante Marie. Un casale di metà Seicento che dietro una semplice facciata e un portone d’ingresso nasconde un micro-borgo che una volta doveva essere autosufficiente, costruito anche a protezione dei suoi abitanti. Una vecchia stalla da monta, un molino, una cantina, un forno e terreni terrazzati tra campi coltivati; un microcosmo in cui Francesco D’Alessandro e tutto lo staff di Mammaròssa ci ha accolti per la nostra prima cena, interamente pensata e realizzata con il solo utilizzo del forno a legna e cottura sulla brace. Sapori antichi, ancestrali, di case con mura annerite dai vapori e dai fumi del camino, del forno, della stufa, una cucina primordiale, che sfrutta il calore diretto e indiretto del fuoco, delle braci.
Si sfornano prima le pizze e poi i pani, poi il ricordo di quella zuppa della Vigilia fatta in casa Franciosi con castagne, ceci e fichi secchi, gli gnocchi con lo stracotto di pecora, dal sapore inaspettatamente delicato, quasi come una genovese napoletana, ma senza il pomodoro. E poi l’agnello al forno e brace per gli arrosticini. Anche il dolce è cotto al forno, un soffice Butchlen, spennellato con sciroppo di sambuco e servito con gelato alla vaniglia.

Il secondo giorno, il rientro a Sante Marie
Il giorno dopo si inizia presto a camminare, la tappa è più lunga e il sole è già caldo alle 8 del mattino. Incontriamo Giulio, trovatore di tartufi bianchi e neri di cui la zona è ricca, e Mario Dolce, che ci accompagna alla scoperta di quel territorio che ama e di cui si prende cura.

Ci fa conoscere l’area archeologica di Colle Nerino, i resti delle fornaci per laterizi, le aree destinate alle inumazioni, le antiche strade. Insieme a lui e ai suoi racconti raggiungiamo Scanzano, un’altra frazione di Sante Marie, un piccolo borgo di inattesa bellezza, fiero del suo passato di città autonoma fino al 1806. Tocchiamo Tubione, una frazione fantasma e poi San Giovanni. Da lì Sante Marie si vede benissimo; nel frattempo incrociamo un altro cammino, quello dei Briganti della Banda di Cartore e che ci porta al nostro punto di partenza sul calar del sole. A Sante Marie la comunità partecipa alle attività volte alla valorizzazione del territorio e della storia del suo popolo. La sera, infatti, dopo aver fatto visita al Museo del Brigantaggio e dell’Unità d’Italia, a Palazzo Colelli, ispirato alla storia del generale catalano Josè Borjes, catturato proprio alle porte del paese l’8 dicembre 1861, veniamo accolti dalla comunità nella piccola piazza di via Belvedere.


Il Forno Comune
Qui, c’è il vecchio forno comunale, dove una volta le donne portavano a cuocere i loro pani. Dopo un periodo di inoperosità oggi il forno è tornato a riscaldare gli animi delle paesane che strette da vincoli d’affetto e onore, durante le feste di paese, cuociono forme di antichi pani e dolci. Le ricette tipiche del luogo le hanno raccolte tutte in un libricino, per salvarne memoria e per spedirle dritte al futuro.
La piazza è gremita, la tavola è imbandita e ricca con le pizze con gli sfrizzoli di maiale, ciambelle al vino, fiadoni e pizze di San Biagio. Prima della cena, Franco Franciosi, che ha percorso il viaggio insieme ai suoi compagni, dopo aver ascoltato il rumore degli alberi, aver calpestato sabbia in piena montagna, percepito l’odore della vita in silenzio, prende parola per tirare le somme di questo primo appuntamento.
La sua voce è chiaramente provata dall’emozione, i suoi gesti comunicano quanto i suoi occhi:
Arrivederci, al prossimo cammino.


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