Progetto Quote – Day One

Quote: Il progetto a puntate di Franco Franciosi.


Il primo episodio di una lunga stagione culinaria da divorare con curiosità e joie de vivre

A cura di Francesca Mancini

Trasformare in parole quello che si è vissuto in tre giornate magnifiche non è facile. Le emozioni a volte devono riposare un po’ ed è questo il motivo per cui arriva solo adesso il racconto di quanto vissuto insieme a Franco e Daniela Franciosi, Francesco D’Alessandro e tutto l’energico staff di Mammaròssa.

 

www.mammarossa.it

Il Progetto Quote, di cui abbiamo avuto un’anticipazione lo scorso anno, ha preso inizio domenica 22 agosto e in tre giorni ha dato il via a quell’idea che da qualche anno gira nella testa di Franco Franciosi: marsicano, abruzzese, cittadino del mondo. Un modo diverso e niente affatto scontato di presentare un programma di 29 appuntamenti, spalmati nei prossimi tre anni, che abbraccerà tutto il territorio abruzzese suddiviso in 27 macro aree. Un modo di vivere la terra d’Abruzzo in maniera totale, di analizzare il passato per rievocarne le gesta e vivere il futuro in maniera più consapevole e sostenibile.

Quello di Franciosi è un racconto emozionato, di un uomo che davanti ai presenti in sala dismette gli usuali abiti da cuoco per tornare ad essere un individuo assetato di conoscenza e voglia di condivisione, posseduto da quella bramosia viscerale che porta spesso a non riposare mai e a vivere il mondo sotto una costante che si protrae all’infinito, generando domande e risposte, così, in un dondolio infinito tra il conosciuto e l’ignoto. È un dono, ci si nasce così curiosi della vita e di tutto ciò che possa elevare gli uomini fino a trasformarli in esseri di coscienza, puri. 

Quando ho pensato di aprire Mammaròssa, avevo già in mente l’idea di non voler lasciare alla cucina il ruolo di solista, perché mi sembrava di relegarla in un angolo, ma volevo farla crescere in sinergia con altre forme di espressione culturale -afferma Franciosi- Per poter creare una sorta di mood che potesse diventare davvero un linguaggio che transcodificato fosse visibile, raccontabile. Prima di me il modo lo aveva trovato Virgilio Martinez, chef peruviano a cui ci siamo ispirati, che nel suo ristorante racconta gli elementi attraverso i saliscendi della sua terra, le quote, le coste e le vette più alte della sua grande nazione. Noi in Abruzzo abbiamo la fortuna di poter avere tutto questo in piccolo e sono convinto che debba essere raccontato, vissuto, conosciuto.

Dunque, se la cucina è nutrimento e linguaggio al tempo stesso, è necessario partire per esplorare prima i territori circostanti e poi rivolgersi altrove, è necessario scavare stratigraficamente la terra, scandagliare i fiumi, i laghi, il mare per conoscere poi il cielo, riconoscere volti e stringere mani, raccogliere semi e camminare i campi, vivere di esperienze che diventano file da estrarre di volta in volta e raccontare l’Abruzzo in maniera più autentica, più profonda, più intima.

Tutto questo vuole essere Quote, un progetto ambizioso che per il primo incontro è partito dai tratturi e dalla vita pastorale abruzzese, dalla lettura di Ignazio Silone che nel 1948 scrive sulla Guida del Touring Club della sua terra, del cambiamento dei costumi e del “pane che si fa, non si compra”.

La prima cena del Progetto Quote

Dopo il benvenuto il climax sale, parte la musica e l’opera divisa in nove atti prende vita, fino al raggiungimento di uno stato di eterea beatitudine. Sandro Sangiorgi, presente tra gli invitati, racconta i vini in abbinamento, nove in tutto e tutti abruzzesi, Montepulciano, Trebbiano e Cerasuolo d’Abruzzo delle cantine Bossanova di Controguerra (TE), Caprera di Pietranico (PE), Feudo d’Ugni di San Valentino in Abruzzo Citeriore (PE) e Praesidum di Prezza (AQ).

 

La voce di Mario Lanza e le parole di Core ‘ngrato accompagnano l’uscita del primo piatto della Tartare di cuore di pecora e rapa rossa, il racconto dell’estremo sacrificio dell’animale che sostiene il suo pastore; con Probability Cloud di Bill Frisell arriva il Brodo di testa di capretto -perché dell’animale non si butta via niente- foglie e caprino, intenso e persistente in bocca. Bitter sweet symphony dei Verve serve gli Spaghetti, friggitelli, pomodoro verde e peperoncino verde, precisi, appaganti, retronasali, memorabili in una dolce e amara sinfonia, That’s life!

Il Raviolo di ricotta e pomodoro a pera d’Abruzzo si riaggancia a Silone e alle donne che alla domenica, mentre tutti dormivano, si svegliavano presto per incordare la pasta e stenderla fine come un velo. Da lì un fagotto farcito di ricotta di pecora condito con del semplice pomodoro a pera, una bontà senza fine.

Contaminazioni nordafricane è la Pecora arrosto alle erbe di montagna e spezie del deserto, un piatto testimone dell’evoluzione culinaria della combo Franciosi – D’Alessandro. La pecora, semplificata rispetto alle versioni precedenti e quasi spogliata di tutto, è marinata a lungo nelle spezie africane e rivestita di erbe di montagna. Una contaminazione riuscitissima, che oltre a lasciare profonda eco in bocca, lega anche il paesaggio agricolo della piana del Fucino ai braccianti africani che annualmente rientrano in Abruzzo per svolgere quei lavori che oggi, per tanti, sono troppo pesanti da sopportare.

Il Curanto di agnello, prugna fermentata e cicoria matrona, parla di origini di tecnica di cucina adottata in Cile 11.525 anni fa; un metodo di cottura ancestrale che riporta alla terra, di quando gli uomini si servivano per cucinare di semplici buche scavate e riempite per metà con pietre incandescenti. Così si preparavano carni e verdure che ricoperte poi di foglie si lasciavano stufare lentamente per ore. Un piatto solo apparentemente semplice, testimone di una percezione del tempo sconvolta, l’attesa e del senso della fame, un piatto che parla di condivisione del cibo e momenti da ricordare.

Esalta le papille e pulisce il palato il dessert mandorle, genziana, limone, terra di crumble e foglioline che precede i dolci confetti dell’antica Confetteria Rapone di Sulmona (Aq), racchiusi in un prezioso merletto bianco, memoria di feste attese e, perché no, di un sì sognato da scambiarsi ad occhi chiusi, mano nella mano.

Mi sono sempre definito apolide eppure torno sempre a riflettere su quanto ancora ci sia da fare su questo territorio, mi ritrovo ad essere locale senza cercarne per forza il legame, ma appartengo all’Abruzzo in maniera viscerale, per questo spero con questo progetto di riuscire a portarvi in viaggio, alla scoperta di una terra che, ahimè, per alcuni è ancora quello che non c’è.

Ph. Roberto Zazzara

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