Osteria Ophis – Daniele Citeroni Maurizi e il nuovo menu Memorie Edibili

A cura di Francesca Mancini

MEMORIE EDIBILI: IL VIAGGIO ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO DI DANIELE CITERONI MAURIZI

L’evoluzione del ricordo vive nelle mani dello chef offidano e nella cucina di Osteria Ophis

Ogni marchigiano colto usa mettere in guardia contro la tentazione di vedere le Marche come un tutto uniforme. Le Marche sono un plurale. Il nord ha tinta romagnola; l’influenza toscana ed umbra è manifesta lungo la dorsale appenninica; la provincia di Ascoli Piceno è un’anticamera dell’Abruzzo e della Sabina. Ancona, città marinara, fa parte per sé stessa.
Un viaggio nelle Marche, non frettoloso, porta a vedere meraviglie

Uso le parole di Guido Piovène, scrittore e giornalista italiano, autore tra le tante opere di Viaggio in Italia (1957), la Guida per antonomasia del Bel Paese, durante il boom economico; un testo che meriterebbe di essere inserito nei programmi scolastici, scorcio di un’Italia reale con mutamenti in corso, racconto di una repentina industrializzazione che genera mutamento, evoluzione e involuzione, crescita demografica, gentrificazione e spopolamento.

Viaggiando da sud e superato l’Abruzzo, si entra nel Piceno, una terra magica, ricca, che si espleta in un alternarsi di tracciati di paese e larghe superstrade, dove s’incontrano interminati campi di vigne e ulivi coltivati, calanchi e girasoli che salgono fino a toccare il paese dei sorrisi e merletti, Offida, che ancor prima di Piovène, nel 1575, Francesco Panfilo aveva così descritto: “Internamente a lieti campi in mezzo, sta la nobile Offida; adorna e forte di rocca e muri, e che potente fanno le sue ricchezze e il cittadin valore”.

Dove ci troviamo: Offida
A 293 metri sul livello del mare, Offida, offre una meravigliosa vista sul Monte Ascensione e sui Sibillini, Monte dei Fiori e uno scorcio di Gran Sasso e Maiella; cittadina antichissima, situata a metà tra il fiume Tronto e Tesino, fondata dai Pelasgi giunti su quelle terre guidati da un picchio (PICVS), da cui deriverebbe il nome Piceni.

Offida ha una continuità di vita che arriva fino ai giorni nostri, passando prima per i Romani, i Longobardi, vivendo il periodo di maggiore sviluppo nel Medioevo, diventando un libero comune nel XIII secolo ma finendo nel XVI sotto il dominio della Chiesa fino al 1860, quando insorse insieme ad altri comuni contro lo Stato Pontificio e fu inclusa nel 1861 nella provincia di Ascoli Piceno. Il suo centro storico è protetto dalle possenti mura della città (XII – XVI sec. d.C.) e Superata la prima porta di accesso alla città, lasciandosi l’antico Ospedale Civile (XVIII secolo) sulla destra e percorrendo il Corso Serpente Aureo, si arriva in Piazza del Popolo, dove oltre al Palazzo Comunale si trova il bellissimo e unico Teatro Serpente Aureo, costruito nel 1820 su disegno dell’architetto Pietro Maggi; con una pianta a ferro di cavallo e trre ordini di palchi e un loggione, ha la volta interamente affrescata e decorata con un rosone centrale raffigurante le Muse ed Apollo. Il sipario è ancora originale del 1861.

Daniele Citeroni Maurizi e la sua Osteria Ophis
Poco dopo il Teatro e proseguendo per il Corso, si trova il piccolo ingresso di Osteria Ophis, il regno dello chef Daniele Citeroni Maurizi, rappresentante attivo della comunità di Offida, ricercatore delle origini della cultura gastronomica picena e attivista attento per la salvaguardia del territorio e delle specie botaniche autoctone.

Poco più che quarantenne Daniele è riuscito a ritagliarsi il suo spazio di gloria in una regione ricca di fenomeni in cucina, che hanno fatto delle Marche un polo gastronomico conosciuto in tutto il mondo; gentile, disponibile, curioso e decisamente folle, Daniele è l’anima della sua Osteria Ophis che ha aperto nel 2000 all’interno delle ex stalle del Palazzo Alessandrini, di cui si godono ancora le volte a botte e le grotte. Ophis è immagine e somiglianza del fondatore, un piccolo spazio esterno ricavato nel chiostro del palazzo, con tavolini in legno e piani di marmo, che cedono il passo al tovagliato della sala interna, protetta dalle volte a crociera, ricordo di vite andate e membra stanche di lavoro.

 

Daniele Citeroni è un sognatore pragmatico, perché ad un certo punto quei sogni, quei desideri devono prendere forma, devono farsi concreti, vivi, ed è questo il motivo per cui in realtà non riesce mai a concedersi una pausa. Così, ideando, disegnando, scrivendo, cancellando tutto e ripartendo da zero, Citeroni ha costruito la sua identità, la sua firma inconfondibile, il suo presente e il suo futuro.

Memorie, tutte da mangiare
Menu degustazione s’intitola Memorie Edibili, ed esprime esattamente l’idea che c’è dietro: si parte dal ricordo, dalle istantanee scattate durante i momenti in famiglia, quando la nonna una volta pronto il sugo della domenica teneva per sé da parte la cipolla, un vezzo, la parte più buona di tutto il piatto, l’essenziale, e da lì si arriva a piatti strutturati, intensi, elaborati, pensati per divertire e sbloccare a loro volta ricordi. È come un gioco a rimpiattino, lui lancia la sfida e conta, poi parte a caccia di quelle immagini che tutti noi abbiamo immagazzinato nei meandri del nostro sistema, pronti ad essere liberati e a rivivere con l’aggiunta di nuove emozioni, esplosive.

 

Nove portate, nove pennellate che accarezzano il cuore, solleticano l’appetito e divertono le papille che domandano di averne ancora. Ogni piatto potrebbe essere un’opera finita, eppure tutti si legano tra loro in una costante armoniosa e duratura.

Inizio così il mio viaggio insieme a Daniele che dà inizio al concerto con una sequenza molto articolata di amuse-bouche che aprono con l’oliva in salamoia tout manger, l’assaggio di frittata in trippa, ceci in porchetta, il cuscino con battuta di vitellone, la “Merenda della nonna”, che ricorda tanto i cracker con burro e alici, il grissino pomodori e polvere di cappero, la salvia fritta e la crocchetta di pancotto al tombolo.

 

Memorie di merende semplici e di lavori certosini, come quello del tombolo, un’arte che ad Offida viene ancora praticata da alcune signore, che in estate scendono in strada per mostrare ai turisti curiosi e tramandare ai più piccini, le tecniche di intreccio dei fili per realizzare finissimi merletti in fili di cotone e seta.

Insieme all’olio del Frantoio Aleandri arrivano must della cucina tipica locale, il mignon della Pizza di cacio e una rivisitazione della tipica merenda offidana, il Chichì, trasformato in un bao morbido e saporito ripieno di tonno, sottaceti, capperi e alici.

È un ricamo perfetto quello che la Trippa in bianco disegna sul primo piatto, tagliata fine e composta come fosse una terrina francese, è accompagnata da una maionese di patate, erbe aromatiche e olio al finocchietto, un modo eccentrico di portare in tavola un piatto che ancora troppo spesso soffre della gravità del suo stesso nome.

Leggera e saporita, la trippa anticipa un’altra “insalata”, ma questa volta di mare; si tratta di Tonno, fagioli e cipolla, e quindi dell’alletterato marinato, un tonnetto magro e molto digeribile che si trova nelle acque dell’Adriatico, che fa gioco forza con i fagioli cannellini, la cipollina in agrodolce e i peperoni. Piatto apparentemente semplice, ma di grande struttura, come quella che ritrovo nella Peperonata. Un assoluto di peperoni serviti e processati in diversi modi, al fine di conferire alla preparazione texture diverse, scolori e sfumature retronasali diverse. Ad arrivare è prima la dolcezza dell’estratto e della dadolata cruda, poi l’affumicatura del peperone arrosto in panna cotta.

Di dolcezza in dolcezza, questa volta quella della Cipolla del sugo, l’espletazione del ricordo più vero di quella donna che lo ha reso grande. Croccante, suadente, dolce, profonda, arriva in bocca scatenando un turbinio di emozioni che riportano ad altre epoche, altri mondi, altre vite.

È il momento dei primi, anche questi mai banali, infatti, la prima ad essere servita è un arlecchino di sapori e colori divertenti e intriganti. La Pasta fredda di Daniele, infatti, è sempre un ricordo, quella delle giornate calde e afose e della mamma alle prese con la pasta asciutta, ma fredda. Mezzo rigatone, tonno, cipolla, prosciutto cotto, funghi, oliva nera e verde e pomodoro, ovviamente. Ha una veste completamente diversa lo Gnocco al pomodoro che, in questo caso, si veste da raviolo e contiene al suo interno la salsa; fuori polvere di pomodoro e olio al basilico e una base di ricotta al pepe.

Per forma ma non per sostanza Il secondo taglio ma vegetale ricorda uno dei piatti storici della domenica, l’arrosto di vitello col suo fondo, eppure qui trattasi di melanzana tagliata come fosse un carpaccio, servita con un fondo vegetale di funghi e misticanza croccante dell’orto dello chef! L’ultimo atto spetta alle Anatre, un piatto composto da diversi assaggi, quasi a voler recuperare tutto dell’animale: il petto scottato al burro e il suo fondo accompagnato da pesca arrosto, albicocca e alloro, il tacos ripieno di jus di ali e carcasse profumato dal tartufo estivo, il cracker con le rigaglie e pomodoro su gelatina di ciliegie. Anche qui ogni elemento ha senso compiuto, ma l’insieme è un concerto di sapori che all’unisono cantano gloria allo chef.

È un ricordo comune a tutti l’Insalata di riso estiva, qui proposta in versione dolce e sorprendentemente fresca. Un dolce – non troppo dolce, che non appesantisce e non cancella il viaggio appena affrontato: su una coulis di cocomero fresca, grano saraceno soffiato e sorgo, sedano croccante e un finto uovo ripieno di carota.

 

Un plauso dunque a Daniele Citeroni, uomo gentile e instancabile mente, un plauso anche alle ragazze di sala, che con garbo e cortesia ci hanno guidati lungo la degustazione e nella scelta delle bottiglie, di cui a tal proposito vi mostro un paio di riferimenti, tanto per gradire…

Scigherà dell’Azienda Agricola Fiorano

Testamozza Castrum Morisci

Info:
Osteria Ophis
Via del Serpente Aureo 54/b
Tel. 0736889920
www.osteriaophis.it
info@osteriaophis.com

No Comments

Sorry, the comment form is closed at this time.