Cucina Italianissima! Da Eufrosino Osteria

A cura di Francesca Mancini

Cucina Italianissima!

Da Eufrosino Osteria dove Paolo D’ercole, come Pellegrino Artusi, cerca e porta in tavola tutto il buono della tradizione gastronomica regionale.

Cosa hanno in comune Pellegrino Artusi e Paolo D’ercole?

 

Prestanza fisica e barba a parte, anche se quella artusiana parla la stessa lingua del Generale Crook, i due condividono la stessa passione per la ricerca storica di ricette dimenticate, oltre al sogno di poter servire l’Italia e tutti i suoi campanili su un’unica tavola imbandita a festa. La differenza netta, invece, sta nel fatto che se Artusi si limitava ad aspettare che i suoi domestici Marietta Sabatini e Francesco Ruffilli, preparassero per lui e pochi intimi deliziosi manicaretti, noi oggi siamo di certo più fortunati, perché D’ercole, oltre ad essere un buon fruitore come il gentil Artusi, è anche un cuciniere, anzi, IL cuciniere del n.188 di via di Tor Pignattara a Roma.

Eufrosino è il nome dell’osteria-trattoria che D’ercole poco prima dello scoppio della pandemia ha inaugurato insieme a Marco Pucciotti, il re dell’Appio Tuscolano, imprenditore seriale nel settore della ristorazione (provate a chiedergli quanti locali ha aperto fino ad oggi e ne resterete stupiti, soprattutto per genialità e coraggio), un format assai goloso, diverso, per fortuna, dalla tipica trattoria romana e anche da quella contemporanea che sta prendendo piede nella capitale.

Artusi pubblica nel 1891 la sua opera magna che è tuttora uno dei libri più letti in Italia dopo Promessi Sposi e Pinocchio, La Scienza in cucina e l’arte di mangiare bene, è un’opera enciclopedica che conta ad oggi 790 ricette di cui è degno successore Paolo D’ercole, che si fa portavoce di quella grande eredità gastronomica che è la cucina italiana, mantenuta viva dagli osti e dai cuochi che, come lui, da essa non si sono mai separati, permettendole di diventare patrimonio dell’umanità, amata e apprezzata in tutto il mondo.

Da Artusi ad Eufrosino, la cucina di Paolo D’ercole

L’approccio di Artusi alle sue ricette è didattico, come quello di Paolo, che studia su vecchi ricettari, sui quaderni della sua famiglia e accetta volentieri consigli da tutti coloro abbiano il piacere di condividere con lui una storia, un aneddoto, un ricordo, per rielaborarli e presentarli in tavola nella maniera più vicina possibile all’originale. Anche la scelta del nome della trattoria, Eufrosino, non è di certo casuale, patrono di tutti i cuochi, chiamato a vigilare sulle preparazioni affinché continuino ad essere consolidati successi ripescati dal patrimonio di piatti che hanno i connotati di tutte le regioni italiane.

E se Artusi prendeva in considerazione, per diritto di nascita e vita, le ricette emilio-romagnole e toscane, D’ercole ne lancia invece una proposta quanto più varia che percorre da sopra a sotto, destra e sinistra tutto lo stivale. Quel che colpisce e che può, delle volte, sfuggire è il valore assoluto che hanno assunto negli anni tanti di questi piatti, tramandati a voce o su pizzini e diari di casa passati tra le mani da genitori a figli, magari con i segretucci annotati per prendere per gola anche il più difficile dei commensali. È questo davvero un patrimonio domestico incredibile di cui colpisce come nei secoli la materia si sia intrecciata con il sapere popolare contadino con cui dare dignità alla cultura.

Per responsabilità morale assunta, quindi, Paolo D’ercole non si risparmia in cucina, passandoci anche più tempo del dovuto, a rimestare salse ed erbaggi, ripieni e fritti da condividere con i suoi ospiti, perché la sua è una cucina in cui tutti hanno diritto di voce, del popolo e di cui poco conta quali siano le sue origini.

Il menu di Eufrosino

La magia si ripete tutti i giorni, ma non il martedì, in una sala lunga e stretta, con boiserie a scaldare gli animi, luci da biliardo, qualche vecchia foto e ceramiche dell’antiquario; Eufrosino, è un nucleo in cui ritrovarsi per godere di menu aggreganti, di piatti a volte dimenticati da accompagnare con un buon bicchiere. A proposito di vino, in sala ci sono Chiara Valzania e Paolo Abballe, oste d’esperienza ventennale, che con garbo e nessuna invadenza sanno condurre alla scelta di ottime referenze.
Il cestino del pane casareccio viene dal forno di Sami El Sabawi della pizzeria A Rota, che comunica con la trattoria stessa (la toilette è in condivisione, per intenderci).

Il menu è un percorso filologico che porta a scegliere col cuore e con la pancia i piatti in elenco; i modenghili, ad esempio, le polpette di bollito di tradizione meneghina servite con salsa tartara, sono un’ottima ouverture insieme alla coppetta di insalata russa fait à maison e la ricotta di bufala fritta dorata.

Diventa poi difficile la scelta dei primi, che si avvicendano tra pasta, patate e provola azzeccata che profumano di Campania, di Napoli, i tonnarelli con castrato, carciofi, pecorino e mentuccia che portano al confine tra Abruzzo e Lazio, gli gnocchi di ricotta e polenta con ragù di capriolo dall’Alto Adige. Gustosi e da mangiare con le mani i secondi, come l’irresistibile pollo fritto alla toscana, marinato alle erbette e servito con maionese al limone che merita di essere sempre presente in carta, e poi il coniglio alla lucana che gioca di contrasto tra dolcezza del miele e amaro spinto del lampascione fritto, la cassoeula, altro piatto storico della tradizione popolare lombarda a base di maiale e verze che convince per intensità e modi di esecuzione. Contorni importanti, dalle puntarelle in salsa di alici, ben condite alla maniera classica, misticanza strascinata e purè di patate.

Meritano una menzione anche i dolci: siamo a Roma e quindi ecco il tiramisù, cremoso, sodo, goloso, da finire a cucchiaiate insieme alla torta tenerina, il dolce ferrarese a base di cioccolato fondente accompagnata da una suadente crema al mascarpone, e per gli amanti dei dolci sofficioni, la torta delle monache, dolce e delicata, capace di mettere d’accordo nella scelta grandi e piccini.

Non è roba da poco quella che si è messo in testa di fare Paolo D’ercole, che agli alti riconoscimenti nemmeno ci sta a pensare, perché “in fin dei conti l’obiettivo finale di un cuoco è invertire ricordi e valori, riportando il passato al centro di un presente ricco e capace di trasformare la fame e la miseria in un appetito sfizioso e un piacere colto*”. Così, attraverso le sue mani, un piatto anonimo diventa più prestigioso e rinasce a nuova vita sotto l’insegna di Eufrosino.

 

*Cit. A. Capatti, La ricetta della ricetta, p.135, Slow Food Editore, 2020

Info:
Eufrosino Osteria
Via di Tor Pignattara 188, Roma
Tel. 348.5883932
Mail: press.osteriaeufrosino@gmail.com

No Comments

Sorry, the comment form is closed at this time.